mercoledì 9 dicembre 2009

PANCAKE / PIKELETS

Ogni tanto mi viene voglia di cucinare cose buone, ho sfruttato l'occasione di avere delle amichette/i di mia sorella il pomeriggio. Pioveva fuori e loro non sono potuti uscire, così da brava sorella maggiore mi sono messa a fare i Pancake!
La ricetta me l'ha data una mia cara amica di infanzia e ci siamo divertite più e più volte a farli insieme. In verità nella ricetta originale non si chiamano Pancake ma Pikelets, visto che non è quella tipica americana, viene dall'Australia e lì si chiamano in modo diverso, ma sostanzialmente sono identici.




Ingredienti:

2 uova
2 bicchieri di farina lievitante
1 e mezzo di latte intero
3 cucchiai di zucchero.



Preparazione:

Sbattere in una terrina le due uova e lo zucchero con una frusta.
Aggiungere un poco per volta la farina lievitante setacciata, intervallando di tanto in tanto un po' di latte per avere un impasto sempre piuttosto liquido.
Una volta finito di aggiungere la farina e il latte mescolare forte l'impasto fino a veder comparire delle bollicine d'aria. Lasciare 5 minuti a riposo prima di cuocere.

Prendere una padella antiaderente e sciogliere un po' di burro per non far attaccare i Pancake durante la cottura. Con un mestolino, bisogna mettere un po' di impasto nella padella dando una forma tondeggiante, potete farli della dimensione che volete, ma non eccessivamente grandi poichè dentro non potrebbero cuocersi bene. Appena compaiono le prime bollicine sulla superficie del Pancake in cottura, con una forchetta girare dall'altro lato. Continuare così per gli altri Pancake.

Sono ottimi accompagnati da: sciroppo d'acero, zucchero a velo, miele, nutella o cioccolata fusa, e marmellate a scelta.



giovedì 26 novembre 2009

(500) GIORNI INSIEME

(500) Days of Summer” è il titolo originale di questa bizzarra commedia sentimentale. Diretto da Marc Webb, primo film dopo aver girato alcuni video musicali, e prodotto dalla 20th Century Fox.

La trama è sicuramente molto particolare, grazie alla capacità del regista e degli sceneggiatori (Scott Neustadter e Michael Weber) di manipolare una semplice storia d'amore, che viene assaporata dallo spettatore nel dettaglio, vivendo giorno per giorno; non nella sua interezza come siamo solitamente abituati.
Lei è Summer (Zooey Deschanel) che nella traduzione italiana si chiama Sole, una graziosa ragazza che non vuole innamorarsi né avere storie serie. Lui è Tom (Joseph Gordon-Levitt) un inguaribile romantico che ha sempre sognato il vero amore. Il film ci mostra saltando da un giorno all'altro il loro incontro, i loro litigi, la loro relazione, le loro incomprensioni, fino ad arrivare al giorno (500). I pezzetti del puzzle si costruiscono a poco a poco, prendendo un po' dall'inizio del conteggio e un po' dalla fine, e ci viene mostrato tutto dal punto di vista di Tom. Lo spettatore assiste in maniera obiettiva e riesce ad avere lentamente una sua idea di ciò che ha visto.
La trama non segue quindi, una costruzione lineare.

Essendo una commedia non mancano di certo le risate, ma vengono sottolineati anche gli aspetti più tristi dell'innamoramento. Le situazioni, le coincidenze e la crudezza di alcuni concetti, fanno stringere spesso il cuore, poiché è rappresentato il tutto con una semplicità quasi disarmante ed è ciò che rende vero e realistico il rapporto tra Sole e Tom e le loro vite. Lo spettatore divora ogni inquadratura con avidità godendosi i “Giorni di Summer” fino a raggiungere l'inaspettato finale.

martedì 24 novembre 2009

EMOZIONI

No, no!
Non dormire. Non addormentarti, non adesso.
Per nessuna ragione al mondo non farlo! Sai che succederà se ti addormenti, quindi non farlo, se non puoi tenere gli occhi aperti, fingi solamente di dormire.
Si lo so, lui ti guarda e ti accarezza i capelli, tu riesci a sentire che è sveglio. Ti osserva, sembra quasi una mania! Ma non badarci ora, non pensare che ogni volta che chiudi gli occhi in verità riesci a vedere ancora il suo sguardo su di te, che ti fissa e non ti lascia sfuggire, lui è l'unico che ti vuole bene davvero e che gli importa solo di proteggerti, gli importa solamente di questo. È per questo che ora è qui nel tuo lettino e ti dorme accanto, sono due settimane che fa sempre così e non negare che ti faccia piacere! Non mentire a te stessa.

Ti ha dato un regalo quel bambino che ora ti dorme accanto, ha solo 12 anni ma ne dimostra tanti di più, ha l'aspetto di un bambino invecchiato troppo presto. Con quegli occhi di un adulto scuri come la notte e duri come la roccia, non parla mai con gli altri, parla solo con te perché finalmente ti ha notato, è l'unico che ha capito quanto sei bella e che passa sopra a tutti i tuoi stupidi problemi che la gente troppo spesso si stufa di sentire. Quante volte ti hanno lasciato sola, anche se fingevano di starti vicini? La solitudine si insinuava nel tuo cuore come un serpente che si mangiava tutto ciò che volevi raccontare, se lo ingoiava tutto quello che avresti voluto confessare, e quando aprivi la bocca per parlare le parole non uscivano.
Mai.

Eppure arriva questo bambino già grande e ti regala il “cristallo magico”, bellissimo e trasparente ma in verità cambiava colore a seconda delle emozioni di chi lo stringeva tra le mani o lo indossava al collo. Lo tenevi sempre in tasca prima che ti venisse sottratto, ed era vero che cambiava colore! Dal giorno che te lo regalò l'hai lasciato entrare a casa tua, Raul, dorme da quella dannata volta sempre con te, di nascosto, scappando di casa ogni notte.

No!
Ti prego apri gli occhi!
Lo so che non dormi da 2 giorni ma resisti non devi dormire!
Ricordi cosa è successo l'altra volta? Per colpa tua, per colpa di Raul e del suo cristallo!
Tuo padre è rientrato a casa ubriaco come al solito e come al solito aveva voglia di sfogarsi con qualcuno. Per questo che porti sempre le magliette a maniche lunghe anche d'estate, sei obbligata per non mostrare i lividi che ti lascia quando scarica su di te il fatto che lui è un fallito. Hai solo 11 anni ma da sempre ti mette le mani addosso.
Prima che ti desse quello schiaffo lacerante hai toccato il cristallo, quasi d'istinto, per farti proteggere da Raul.
Hai visto con la coda dell'occhio che era divenuto rosso carminio.
Era rabbia.
L'hai stretto così forte che ti sono rimaste delle ferite sulla mano e potevi sentire l'odore di sangue nell'aria.
Lui ti ha colpito e tu hai desiderato che morisse.
Il giorno dopo, tuo padre era sparito. Hai pensato che si fosse ubriacato di nuovo e si fosse addormentato in macchina non potendo guidare, ma a casa non è più tornato.

Quella stessa notte ti ricordi che cosa hai sognato, vero?
C'era tuo padre che si soffocava con del cibo e moriva. La mattina avevi ancora in testa le sue urla agonizzanti, tu nel sogno gli stavi davanti e non hai mosso un dito.
E hai visto gli occhi di lui. Di Raul.
Istintivamente non hai più avuto paura.

E non è successo solo a tuo padre!
La settimana dopo, ti ricordi?
Quell'impicciona dell'insegnante ti toccò un po' troppo forte la spalla che ancora ti doleva dai lividi, e hai urlato.
Raul d'istinto si girò verso di te, assumendo quell'espressione strana che fa anche quando ti osserva dormire. Perché lui... non dorme mai.
L'insegnante si accorse dei lividi e voleva chiamare gli assistenti sociali. Non volevi!
Hai stretto più forte che potevi il cristallo riaprendo le ferite sulla mano già logorata. Era tutto nero stavolta.
Era paura.
Hai desiderato che non facesse più male a nessuno.
Raul era vicino a te anche come sempre.

La notte stessa hai sognato una cosa orribile.
La tua maestra in un vicolo, massacrata e violentata.
Riuscivi a sentire il disgustoso odore del suo sangue sull'asfalto bagnato, mischiato con la pioggia fittissima che cadeva su quel corpo senza vita.
E tu anche quella volta esattamente come la prima non ti sei mossa, non hai cercato di aiutarla. E di nuovo quegli occhi scurissimi che ti fissavano onniscienti, troppo vicini! Raul, ancora lui.
L'insegnante non si presentò mai più a scuola.

Si, lo so. Hai provato a parlarne!
L'hai detto a tua madre, hai cercato di spiegarle del cristallo, e di Raul che comincia a farti paura.
Ma lei ti ha preso per pazza e quando hai provato ad insistere, ti ha ordinato di consegnarglielo subito.

Ecco perché non puoi ora dormire!
Quando gliel'hai passato era tutto blu e l'hai stretto forte, per l'ultima volta.
Era tristezza e raccapriccio.
Hai desiderato che te lo potessi riprendere.
Non sei riuscita a reprimerla, quell’emozione ti ha completamente inghiottita.
Sai che non puoi più dormire adesso.
E gli occhi di Raul li senti ancora addosso.
No, no! Non adesso!
Non dormire!
Non dormire.
Non dormire...

martedì 17 novembre 2009

NEMICO PUBBLICO


Ambientato nel 1933 il film “Nemico pubblico” (“Public Enemies”) di Michael Mann rende perfettamente l'idea degli anni di Grande Depressione americana grazie ad una ricerca quasi maniacale dei dettagli che questo regista ama fino a toccare l'eccesso. Stavolta la macchina da presa è dinamica, veloce e imprevedibile, tanto che spesso lo spettatore rimane disorientato. Fa risultare il film molto più angosciante, non rimane fluido, dà una continua sensazione di disagio che sembra preannunciare un inevitabile finale tragico.
La trama del film è stata tratta da un saggio di Brian Burrough dove esaminava l'operato dell'FBI nel periodo della Grande Depressione e in particolare del famoso John Dillinger un criminale che rapinava banche con la sua stretta banda da amici, realmente esistito in quegli anni che mise in una situazione difficile l'FBI che cercava di catturarlo.

Abbiamo Johnny Depp per la parte di John Dillinger e Christian Bale nella parte di Melvin Purvis detective assegnato al caso, modellati poi nelle mani di Mann che gli assegna personalità forti e sicure, ma al contempo in contrasto tra loro. Ci sono infatti punti di incontro evidenti tra il personaggio di Dillinger e quello di Purvis: sanno entrambi fare il proprio lavoro e sono persone di un certo rilievo nel loro campo, eppure il criminale si presenta come un gentiluomo per così dire nel rapinare banche, mentre Purvis non si fa affatto scrupolo dall'usare tutti i mezzi possibili per arrestarlo vivo o morto.
Non manca una love-story tra John Dillinger e una donna incontrata in un locale, il protagonista appare come un gangster romantico con dei principi morali, che crede nelle salde amicizie.

Forse sarà rimasta delusa quella parte di pubblico che si aspettava di vedere sul grande schermo un storiella leggera piena di azione, pallottole e un po' di commedia. Eppure il film è così originale e ben realizzato sia dal punto di vista della sceneggiatura, sia da quello registico, che in verità non risulta affatto la classica storia di gangster che lo spettatore medio è abituato a vedere. Per il resto del pubblico sicuramente il film è stato molto apprezzato.

domenica 8 novembre 2009

MICRO PULLIP E DAL


Tredici
Un bellissimo regalo dagli amichetti informatici una micro Pullip (vestita tutta di nero) e una micro Dal (quella vestita da infermiera).


Nori

sabato 31 ottobre 2009

HALLOWEEN La notte delle streghe


1963.
E' la notte di Halloween nella cittadina di Haddonfield, nell'Illinois.
I bambini si divertono ad andare nelle case mascherati recitando canzoncine terrificanti sulla notte delle streghe e per avere caramelle e dolcetti dicono “dolcetto o scherzetto?”.
Qualcuno sta spiando dalla finestra di casa Myers, vede due ragazzi mentre si baciano e decidono di andare al piano di sopra approfittando dell'assenza dei genitori. In giro ci dovrebbe essere solo il piccolo Michael di 6 anni, quindi non se ne preoccupano.
La stessa persona che prima osservava da fuori la finestra, entra silenziosamente in cucina. Piccole mani afferrano un grande coltello da cucina.
Aspetta che il ragazzo scenda ed esca di casa, e poi sale le scale fino la stanza della ragazza.
Si mette una maschera da pagliaccio e si avvicina alla ragazza che mezza nuda si sta pettinando tranquilla. Il coltello si avvicina e la ragazza fa appena in tempo a pronunciare il nome di Michael che senza pietà il coltello la colpisce. Una, due, tre volte... continua senza pietà.
Come se niente fosse accaduto, scende nuovamente con il coltello ancora stretto in mano, fino ad uscire di casa. Qualcuno lo chiama ma lui non risponde.
Gli sfilano la maschera.
E' solo un bambino di 6 anni, vestito da pagliaccio ed ha appena ucciso la sorella.


Ora è il 1978.
Michael Myers è di nuovo a piede libero.
E' di nuovo Halloween.
Una giovane donna Laurie, che fa la baby-sitter nel tempo libero, si reca davanti la vecchia casa dei Myers che ora è stata messa in vendita, ancora girano leggende terribili su quella casa. Ma lei sembra tranquilla, mette le chiavi sotto lo zerbino come aveva indicato suo padre e se ne va.
Non sa che qualcuno la sta osservando.
Da quel momento un'ombra senza volto la perseguiterà, il male è sempre in agguato. Lei lo sente lo intuisce e lo vede in ogni dove, le sue amiche baby-sitter anche loro credono sia solo paranoica.
La notte di Halloween sembra tranquilla, i bambini come tutti gli anni si mascherano e vanno per le case. Nel frattempo Michael Myers già comincia a disseminare vittime nella cittadina.
Riuscirà Laurie a salvarsi dall'ombra della strega?


Recensione:
Halloween” di John Carpenter è stato per moltissimo tempo il film indipendente più redditizio della storia del cinema. E' stato diretto e scritto da Carpenter e Debra Hill che l'ha prodotto. Probabilmente ebbe così tanto successo anche perché era il primo film sulla notte di Halloween, dopo questo ci furono tanti altri film che cercarono di copiare lo stesso stampo, visto il successo. Fu girato in appena 20 giorni a basso budget, ma nonostante la modesta campagna pubblicitaria sbancò i botteghini, e viene ancora oggi considerato il film più importante di Carpenter.

Donald Pleasence interpreta la parte dello psicologo incaricato di curare Michael Myers, ed è il veterano del cast. La protagonista è invece Jamie Lee Curtis al suo primo debutto cinematografico. Michael Myers interpretato da Nick Castle che durante tutte le riprese porta sempre la maschera e hanno usato un ragazzo di nome Tony Moran per il breve segmento in cui Laurie riesce a sfilargli la maschera. Avevano scelto Moran perché aveva un viso piuttosto anonimo, esattamente come la maschera che è come se fosse solo un accenno, ma che terrorizza appunto per questa sua particolare impersonalità.

Inizialmente si pensava di usare la maschera di un pagliaccio, simile a quella usata da Michael da bambino per uccidere la sorella. Ma facendo varie prove, l'effetto dell'ombra della strega era reso meglio dalla faccia bianca senza espressione. Infatti l'assassino non è effettivamente una persona umana, è solo una maschera senza volto, una presenza che può nascondersi dappertutto, ed è per questo che alla fine del film nonostante lo psicologo riesca a sparargli contro e a farlo cadere dalla finestra, quando si riaffaccia un attimo dopo il cadavere non c'è più. Carpenter spiega il perché: “Il male non muore mai. Non si può uccidere.”
Il male nei suoi film è il male assoluto, non esistono sfumature intermedie. In questo caso il male personificato è quindi una specie di forza della natura, sopranaturale.

Particolare attenzione va data alla colonna sonora, composta da Carpenter stesso in soli 3 giorni che accompagna tutto il film e rende salienti le parti di tensione. Non ci sono infatti molte visioni di sangue, eppure riuscì a far saltare e urlare il pubblico in sala grazie alla colonna sonora angosciante, accentuata alla presenza dell'assassino.

Sono usate molto le soggettive (ciò che vede un personaggio della vicenda) in particolare quelle di Myers come ad esempio all'inizio del film quando uccide la sorella maggiore. Viene usata una macchina da presa portatile e leggera, un'innovazione all'epoca. In questo modo noi seguiamo l'assassino per la casa e in un certo senso lo spettatore si identifica con lui, facendo un effetto decisamente diverso a chi guarda.

“Halloween” resta ancora oggi un capolavoro dell'horror, chi ama il genere non può assolutamente perderlo!


BUON HALLOWEEN A TUTTI!!!



martedì 27 ottobre 2009

VERTIGINE


Vertigine” (“Laura” in lingua originale) di Otto Preminger del 1944 è da considerarsi un film noir per la figura inusuale del detective, ma anche per l'amore, se così vogliamo chiamarlo, tra il detective e la presunta vittima Laura che viene vista come una specie di figura fantasmatica. Il noir si può dire fosse influenzato fortemente dal surrealismo e sulla visione dei sogni, in cui si possono vivere le passioni oppure che possono assumere l'aspetto in un incubo. Spesso il sogno viene usato in questo decennio '40-'50 proprio per dare un senso di inquietudine allo spettatore, non si sa mai se ciò che viene mostrato sia reale o solo un sogno, il tutto strettamente legato all'inevitabile destino a cui va incontro il protagonista del film.

Trama:
Tutto il film gira intorno alla figura di Laura, interpretata da Gene Tierney, che sembra essere la vittima di un omicidio. Colpiscono subito delle tematiche forti, quali il desiderio legato all'erotico poiché la donna è voluta da tutti, anche il detective che sta indagando sulla sua morte sembra essere catturato dalla sua persona, come se la creasse nel sogno stesso, e la immagina esattamente come la vorrebbe, questo grazie soprattutto ad un ritratto che è posto sopra il camino della casa di Laura. La donna è appunto molto bella, benestante grazie alla sua carriera, porta spesso vistosi cappelli ed è sempre vestita alla moda, non stupisce che tutti si innamorino di lei.
Il detective Mark McPherson, interpretato da Dana Andrews, che si può dire sia il protagonista, è un uomo giovane dall'espressione neutra, non sembra particolarmente intelligente, gioca spesso ad un gioco stupido per bambini con delle palline. E' una persona che non ha rispetto, entra in casa della vittima e si comporta come se fosse a casa sua: si serve da bere, legge i suoi diari privati, addirittura quando arrivano gli indiziati gli offre da bere lui stesso. McPherson viene così a conoscere la vita di Laura e indaga con l'aiuto del mentore della vittima Waldo Lydecker, interpretato da Clifton Webb, che l'aveva lanciata nel campo pubblicitario essendo un giornalista ricco e di successo, poiché anche lui innamorato di lei. Lydecker è un uomo non più giovane dall'aria saccente e si presenta come il detective del giallo classico, cioè non un detective di professione, si avvale delle sue intuizioni e deduzioni logiche per risolvere il mistero. Tra lui e il vero detective è come se ci fosse una sorta di caccia all'assassino, indagando sul fidanzato di Laura (interpretato da Vincent Price) che si faceva mantenere da lei, e sulla zia, che sembrano compromessi nell'assassinio.
Verso metà film si scoprirà che la presunta vittima Laura non è morta, era andata fuori per il week end e la donna uccisa in casa sua era un'attrice altrettanto bella che aveva indosso il suo vestito. Così da presunta vittima agli occhi del detective appare come prima indiziata. Questo perché la figura femminile del noir appare sempre sospetta agli occhi dell'uomo, che adulato dalla femme fatale si ritrova accecato dalla passione, perdendo lucidità e spesso viene poi abbandonato al suo destino.



Inquadrature:
Nei titoli di testa ci appare da subito il ritratto di Laura con il sottofondo di una musica ammaliante, la “canzone di Laura” che rappresenta in questo caso il tema amoroso presente continuamente. Il film inizia con una voce fuoricampo che è tipica del noir, un segno di riconoscimento dal valore tragico. Spesso la voce appartiene ad un narratore intradiagetico, una persona morta a volte, o che sta per morire poiché già segnato dal suo destino; ma non è questo il caso. La voce appartiene a Mark McPherson il detective protagonista mentre sta indagando.
Si vede già dalla prima scena la pendola che chiuderà poi il film alla fine, è un elemento chiave perché al suo interno vi è nascosta l'arma del delitto.
Vengono usati i flashback per costruire la vita di Laura, in una scena vediamo il mentore che racconta al detective come ha conosciuto la donna. I flashback sono largamente usati nel noir, spesso rievocano sogni o fatti che non sempre sono accaduti veramente, una sorta di allucinazione. Come quando il detective si addormenta stanco davanti al ritratto della donna posto sopra il camino e lei poco dopo appare in carne ed ossa entrando dalla porta di casa. Sembra di assistere ad un sogno che si avvera, tanto che lo spettatore per i primi minuti non è molto sicuro che la cosa stia accadendo sul serio, o se sia semplicemente McPherson che sta sognando.
Le inquadrature sono piuttosto classiche, viene molto usata la soggettiva (cioè quello che vede il personaggio intradiagetico) tipica del decennio noir. Si può notare una certa differenza di inquadrature dalla prima parte rispetto alla seconda: finchè si presume che Laura sia la vittima, c'è una specie di mistero che aleggia intorno alla sua figura che la rende quasi mistica. Si mostra spesso il ritratto come punto di riferimento chiave, quindi lo si guarda dal basso. Mentre quando lei torna a casa e si scopre che non è lei la donna che è stata uccisa, è il personaggio del detective ad assumere il comando, è lei guardata dall'alto e appare quindi meno affascinante di quanto lo era prima.
Si può notare che il detective vede Laura come una donna in grado di prendersi cura del marito o fidanzato, scopre che sa cucinare, sa occuparsi delle faccende di casa, proprio come doveva fare la donna di quel periodo, il carattere di Laura si ammorbidisce: non è più la femme fatale che sa attirare tutti nella sua trappola. Anche per questo potrebbe sembrare che sia solo una fantasia di McPherson che la vorrebbe così, quasi come se l'avesse plasmata lui stesso nel sogno.

domenica 25 ottobre 2009

BISCOTTI DI PASTAFROLLA


Oggi avevo voglia di biscotti fatti in casa, non avendone mai fatti mi sono affidata al mio vecchissimo ricettario personale dove ho trovato la ricetta di questi biscotti di pastafrolla.
Comunque io e il mio ragazzo ci siamo cimentati nella sperimentazione di questa ricetta mai fatta, ci siamo divertiti a fare le forme più strane non potevamo accontentarci di fare dei dischetti con l'impasto, no?



Ingredienti:

100 gr di zucchero
100 gr di burro
200 gr di farina
2 tuori d'uovo
1 pizzico di sale
Gocce di cioccolato (quanto basta)


Preparazione:

Mettere la farina per prima sul piano da lavoro facendone un mucchio, aprire poi a "fontanella" facendo posto al centro. Aggiungere ad uno ad uno gli ingredienti e impastare partendo dai tuorli d'uovo, poi continuare con lo zucchero, un pizzico di sale; infine aggiungere il burro a pezzettini piccoli. Lavorate fino ad ottenere un impasto omogeneo dopo aver aggiunto anche le gocce di cioccolato. Lasciate riposare per 30 minuti.
Dopo fate dei dischetti non troppo grandi dividendo l'impasto, potete dargli le forme che volete e disponete i biscotti in una teglia antiaderente.
Lasciate cuocere il tutto a 180 gradi per 15 minuti.


Prima della cottura


Dopo la cottura




Nota bene:

Disponete i biscotti molto separati l'uno dall'altro altrimenti si attaccheranno come è successo a me! Ora sembra più una specie di puzzle o una scultura futurista che dei biscotti...

venerdì 23 ottobre 2009

UP


Questo bellissimo film d'animazione realizzato dalla Pixar Animation Studios in coproduzione con la Walt Disney Pictures, ha una trama talmente tenera e commuovente che si fatica quasi a pensare che sia un film creato appositamente per un pubblico molto giovane. Già con il film “Wall-e” la linea che separa i film per i bambini da quelli per gli adulti si è assottigliata notevolmente, ma "UP" è decisamente un film per tutti.

I personaggi digitali sono curatissimi, si possono notare addirittura le fibre dei vestiti dei personaggi. Le mimiche facciali sono molto verosimili, ad esempio le rughe del protagonista Carl sono sottolineate tanto da rendere reale ogni sua espressione (in 3D la cosa si nota ancora di più). Si può quasi dire che sembrino persone vere tanto da far affezionare il pubblico poiché la storia potrebbe essere molto reale in effetti.

La trama tratta di Carl Fredricks un uomo ormai anziano che ha passato la vita sognando l'avventura fin da bambino insieme a sua moglie Ellie con cui ha una tenera vita felice. I primi minuti di film mostrano l'epilogo della loro storia d'amore, ma quando Carl rimane vedovo tutto ciò che gli resta è la casa piena di ricordi. E' interessante notare come una casa piena di vita con il tempo, diventi solo un cumulo di polvere e ricordi, per certi versi sottolinea un aspetto assolutamente reale di quello che succede nella vita delle persone. Per sottrarsi alla casa di riposo riempie la sua preziosa dimora con tantissimi palloncini gonfiati con l'elio facendoli uscire dal camino e la sua casa spicca il volo. Finalmente ora potrà vivere l'avventura desiderata alle Cascate Paradiso in Sud America, dove sarebbe voluto andare con la sua adorata Ellie. La compagnia inaspettata è un bambino di nome Russel: un “esploratore della natura selvaggia” che vorrebbe aiutare un anziano per avere finalmente il suo ultimo distintivo per diventare un esperto della natura. Si aggiungeranno anche animali strani come un cane che e parla un uccello simile ad uno struzzo coloratissimo.

Una storia d'amore verosimile e apparentemente banale si trasforma in un percorso fantastico a bordo di una casa volante, ma cosa ancora più particolare è che il nostro eroe è un vecchietto brontolone e un po' scorbutico. Un misto di tenerezza e risate improvvise, veramente IMPERDIBILE!

domenica 11 ottobre 2009

ROMICS 2009 A ROMA

Oggi si è concluso il Romics 2009 di Roma, come potevo mancare a questo divertente evento?! Oltre gli stand pieni di gadget, fumetti di ogni genere, peluche e cosette fatte a mano... c'è la gara di Cosplayers che è l'attrazione principale dell'avvenimento. Gente mascherata di ogni possibile personaggio dei fumetti o anime giapponesi, videogames o film! Per chiunque non ci sia potuto andare, questo è solo un assaggio del pazzo mondo del Romics. Il prossimo anno si spera di poter andare anche a vedere quello di Lucca.



















giovedì 8 ottobre 2009

NON SVEGLIATE IL CAN CHE DORME...

Stamattina appena alzata la mia prima visione è stata di Pluto a cui dormivo abbracciata. Era così cuccioloso addormentato, inconsapevole di essere osservato...
Shhh... Fate piano, non svegliate il can che dorme!





martedì 6 ottobre 2009

IL MISTERO DEL FALCO




“Il mistero del falco” (“The maltese falcon” in lingua originale) del 1941, diretto da John Huston, è considerato una pietra miliare tra i film noir, quando questo particolare genere attraversava i suoi anni migliori nel decennio dal 1940 al 1950. In verità il noir non è da considerarsi propriamente un genere visto che i registi di quegli anni non si rendevano conto di aver realizzato film noir, è stata la critica degli anni successivi a definire i “crime movies” di quel decennio come film noir. Le atmosfere, i temi loschi, sono state usate negli anni '90 fino ai giorni nostri, molti film moderni sono infatti definibili noir ma hanno abbandonato alcune caratteristiche tipiche dei film dal '40 al '50 che non si adattano ai film di oggi. Il termine “noir” nasce però in Francia molti anni prima del 1940, usato per definire quei film americani che avevano trame intricate e temi oscuri. Il noir era collegato indiscutibilmente al realismo poetico francese degli anni '30.


Trama:
La trama presenta delle caratteristiche tipiche del noir, a partire dalla classica figura del detective, largamente usata in quegli anni soprattutto per i film gialli. Ma al contrario del detective del giallo che risolve i misteri grazie alla sua astuzia, il detective noir è quasi sempre corrotto, attaccato al denaro e svolge lavori sporchi. Spesso il detective è un personaggio decadente amareggiato dalla vita che si ritrova intricato nelle vicende senza un motivo preciso, che spesso lo conducono alla rovina o peggio, alla morte.
Il protagonista ne “Il mistero del falco” è un detective privato chiamato Sam Spade, interpretato da Humphrey Bogart, che ha uno studio con un suo collega. Una donna cerca aiuto presentandosi allo studio, per ritrovare la sorella minorenne scappata con un uomo pericoloso. La donna in questo caso, è la classica dark lady noir: sembra debole e indifesa mentre invece è immischiata in losche faccende, coinvolge il protagonista e lo abbandona dopo averlo sedotto, per ottenere ciò che desidera. Questi personaggi femminili si presentavano così poiché in quel periodo cominciava a prendere piede una certa misoginia, si diffidava da donne in carriera che cercavano la propria autonomia, ed è per questo che il cinema fa vedere le donne come un pericolo, una minaccia per l'uomo, con le sembianze di una femme fatale. Come in questo caso, la donna si presenta come fragile per farsi aiutare per poi rivelare i suoi veri interessi.
Il caso della donna viene seguito dal collega di Spade, Archer. Spade sarà chiamato nel cuore della notte poiché il suo collega è stato trovato ucciso sul luogo del pedinamento. Da qui in poi, il detective cercherà di capire perché il collega è stato ucciso, in parallelo con la polizia che sospetta di lui e gli sta alle calcagna. Si scoprirà che la vicenda ha a che fare con un falco ricoperto di pietre preziose, un dono dei Cavalieri di Malta al re di Spagna Carlo V (come spiegato all'inizio del film). Il detective si troverà coinvolto alla ricerca di questo oggetto e si scoprirà che la dark lady per avere il falco sarà pronta a fare qualsiasi cosa. Il detective non si fiderà mai completamente, la accuserà di recitare sempre una parte nascondendo la verità.
Tutti quanti cercano il falcone maltese, tra cui: la dark lady, un collezionista che ha l'aspetto di un uomo grasso, come è tipico nel film noir caratterizzare i personaggi laterali (cioè che non hanno una parte principale) con fisionomie curiose o bizzarre, un altro esempio è Joel Cairo interpretato da Peter Lorre che è uno psicopatico che si presenta come un effeminato, violento e dolce al tempo stesso.

Letteratura:
Il film è tratto dal romanzo di Dashiell Hammett “The maltese falcon” del 1930, già utilizzato nel '31 e nel '36 per due film prodotti dalla Warner che ne comprò i diritti.
Il libro presenta delle caratteristiche tipiche della sceneggiatura cinematografica, come ad esempio la scena in cui Spade viene svegliato nel cuore della notte dal telefono che annuncia la morte del collega: noi vediamo nel buio una mano che a tastoni cerca la cornetta del telefono, nel libro è descritto dettagliatamente allo stesso modo, non fa capire subito a chi appartiene la mano. I personaggi descritti nel romanzo sono molto particolareggiati. Ad esempio Spade viene descritto come un uomo corpulento, con una “v” ricorrente sul viso, sembra un diavolo biondo. Mentre Humphrey Bogart interpretata Spade come un disilluso a volte anche sadico, ad esempio quando sta per dare un pugno a Joel Cairo, sfoggia un sorriso maligno.

Inquadrature:
Mentre il romanzo ha una struttura piuttosto classica, John Huston usa l'inquadratura lunga (long take). Solitamente nel cinema degli anni '20 e '30 non si riprendeva l'ambiente nella sua interezza, veniva ripreso un personaggio alla volta con campo e controcampo. Il long take era molto raro in quegli anni. Ampiamente usata nel noir è la soggettiva (ciò che vede un personaggio intradiagetico) e viene usato spesso il grandangolo per dare distorsione alle immagini. Nel caso de “Il mistero del falco” si riprende solitamente tutto dal basso, nello studio cinematografico vengono costruiti anche i soffitti, cosa che non si faceva mai vedere nell'inquadratura classica. La visione dal basso fa sembrare le figure più imponenti, come ad esempio il collezionista grasso sembra ancora più enorme. Essendo in bianco e nero, come solitamente avviene nel noir anni '40-'50,si hanno delle ombre nette o accentuate. Gli interni sono bianchi e spaziosi per avere contrasto maggiore con i personaggi.
Al contrario del romanzo il film inizia con la presentazione del famoso falcone maltese, viene spiegato cos'è con delle scritte che scorrono sullo schermo. Mentre nella seconda scena si vede il ponte di San Francisco che non c'entra nulla con la leggenda dell'inquadratura precedente, questo per dare allo spettatore un senso di disorientamento: come i protagonisti si trovano intricati in situazioni che non comprendono, spesso lo spettatore del film noir si troverà disorientato a causa di sogni, ellissi temporali e inquadrature asimmetriche.

martedì 29 settembre 2009

TRA I BON-BON (parte 3)


Liz aprì gli occhi rilassata e riposata, era sdraiata su qualcosa di molto morbido. Un grande cuscino soffice. Ma guarda proprio come una principessa delle fiabe, pensò stiracchiandosi con grazia. Ormai i sogni non facevano più così paura anche se ancora non ne aveva colto il senso. Si guardò intorno, era un mondo sempre nuovo ai suoi occhi, ma stavolta al posto di vedere qualcosa di piacevole si spaventò nel vedere che lei era rinchiusa in una stanza su un cuscino e intorno a lei, vi erano sbarre che la separavano da tutto ciò che era fuori.
-Che cosa significano queste sbarre? Ora come farò ad uscire da qui?- chiese disperata a voce alta, ma non fece in tempo a finire la frase che subito le fessure si fecero più larghe affinché la ragazza bionda potesse riuscire a passare. Notò che c'erano delle foglie rampicanti attaccate alle sbarre di ferro come se dietro di esse ci fosse un giardino. Liz sfiorò qualche foglia con la mano, al tatto erano tenere e fragili come se fossero state appena nate. Poco dopo si fece coraggio e oltrepassò senza problemi le sbarre tanto temute e come immaginava si ritrovò in un meraviglioso giardino. Camminando per un po' notò che le piante diventavano sempre più imponenti e fitte, fino a che il giardino si trasformò in una foresta e dopo aver girato in cerca di una via d'uscita o di una strada già vista, comprese di essersi irrimediabilmente persa e cominciò ad avere paura.


Poi da quel silenzio tombale si sentì un flebile suono, che piano piano si fece sempre più intenso. Liz riconobbe che era senza ombra di dubbio la melodia di un flauto, con la speranza che fosse di nuovo Betty si precipitò verso il suono amico, ma scoprì che non era affatto la ragazza dagli occhi viola a suonarlo. Era piuttosto una specie di folletto dalla pelle verdastra e vispi occhietti neri ed era lì alla fine della radura su uno strano tappeto colorato celeste, in mezzo al nulla. Appena vide Liz smise subito di suonare ed esclamò un ciao con entusiasmo. La ragazza estasiata dall'aspetto dell'essere, mormorò in risposta un ciao strozzato.
-Io sono Tim, e vivo qui in questa foresta. Tu chi sei? Non ti ho mai visto da queste parti!- disse l'essere dalla pelle verde e i suoi occhi si accesero proprio come quelli di Betty.
-Io sono Liz e sto cercando di capire qual'è la mia strada in questo mondo assurdo... Tu per caso, conosci una certa Betty?- chiese alla fine timidamente.
-Certo, ogni cosa qui solitamente appartiene a lei, ma forse...- e sulle sue labbra si dipinse un ghigno: - ...forse ora ha trovato... una degna rivale!-
-Ma che dici? Io? No, ti stai sbagliando! Io cerco solo di capire chi sono, e Betty più volte ha cercato di aiutarmi, non è di certo una mia nemica!- Tim rise sommessamente tra sé e a Liz parve di sentire un “per ora” appena sussurrato tra le labbra.
-E cosa ti avrebbe detto la tua “amica” Betty per aiutarti a trovare te stessa? Ti ha detto come fare per caso?- chiese in tono di sfida e la ragazza ne ebbe quasi paura.
-Mi ha detto che lei si è ritrovata... dentro uno specchio... mi pare. Ma io mi sono specchiata tante volte e ho visto solo la mia immagine riflessa, a volte addirittura mutava e alla fine... non so nemmeno come sono fatta.-
-Eh lo so! Gli specchi mentono sempre!- disse Tim come se la sapesse lunga, poi si avvicinò alla ragazza in un lampo, tanto veloce che lei a malapena lo vide muoversi.
-Ma forse... non hai guardato nello specchio giusto! Non sai che ci sono vari tipi di specchi? E come è stato per Betty, tu ne troverai uno che ti rivelerà chi sei veramente e dove ti riconoscerai all'istante!- Liz ascoltava con avidità ogni parola del folletto e cominciava a divenire curiosa di vedersi e di conoscersi: -E dove riuscirò a trovare il mio?-
-Ricorda mia cara, lo specchio è solo un mezzo per capire, non ce n'è uno speciale solo per te, Betty riesce a vedersi in ogni specchio indifferentemente, tu devi solo trovare il modo di arrivare alla tua anima, solo così vivrai la tua vita fuori dal sogno. Per esempio, hai mai provato a guardare la tua immagine in uno specchio d'acqua?-
-Uno specchio d'acqua? Non ne ho mai visto uno!-
Il folletto sorrise inarcando un lato della bocca e le fece cenno di seguirlo nella foresta. Dopo pochi passi si fermò davanti ad un cespuglio e lo scostò con gli occhi luccicanti:
-Ora guardati per la prima volta!-
Liz si avvicinò un po' impaurita e vide un piccolo stagno, in ginocchio si osservò nell'acqua aspettando che l'immagine di se stessa apparisse sulla superficie, quando in quel momento Tim la spinse e lei finì con la faccia nello stagno.
Inizialmente chiuse gli occhi, ma con sua sorpresa quando li riaprì non aveva acqua intorno, si sentì come incastonata e sospesa tra due mondi e per la prima volta, finalmente vide l'immagine di se stessa.



Elizabeth era sdraiata sul prato davanti ad un lago, in compagnia del suo nuovo amico Jules. Si erano incontrati un paio di volte all'università e lui non si era lasciato scappare l'occasione di offrirle un caffè al bar dopo le lezioni. Ma Elizabeth si dimostrava sempre un po' diversa, a volte la sua personalità era influenzata da Betty che appariva negli specchi e consigliava la sua amica. Quando c'era lei, Elizabeth era sempre piena di sé e il suo fascino catturava Jules come in una morsa da cui era impossibile sfuggire.
Nonostante Betty l'avesse messa in guardia dicendo di stare attenta con lui, Elizabeth non aveva potuto dir di no all'offerta di una passeggiata al lago. Era una giornata estremamente piacevole e i due conoscenti sedevano davanti allo specchio d'acqua parlando allegramente. Liz era lì e si guardava parlare a quel ragazzo dagli occhi verdi, arrossendo ogni volta che il giovane le faceva un complimento o una battuta.
E' così carino! Diceva Liz senza sosta, e con immensa sorpresa notò che anche la ragazza che stava osservando sembrava spesso a disagio e arrossiva insieme a lei. Ormai non c'erano dubbi, stava osservando se stessa. Jules era di certo felicissimo di vedere Elizabeth così propensa al riso e improvvisamente timida e indifesa, era totalmente un'altra persona ora e la cosa lo confondeva e lo accattivava ancora di più.
TO BE CONTINUED...

domenica 20 settembre 2009

WATCHMEN


Finalmente è uscito in DVD un film da me tanto atteso che avevo visto ben due volte al cinema con estrema soddisfazione: Watchmen. Tratto da un omonimo fumetto ideato da Alan Moore e disegnato da Dave Gibbons, diviso in 12 albi pubblicate dal 1986 al 1987. Il film è stato diretto da Zack Snyder.


Ambientato nel 1985, nel fumetto e nel film del tutto anticonvenzionale rispetto ai fumetti supereroistici di sempre, gli eroi sono uomini comuni che cercano di fare giustizia nella città di New York e si fanno chiamare Watchmen. Ma i tempi degli eroi mascherati sono finiti da anni a causa di una legge che non tollera più i loro interventi, anche per questo sono portati fuori i lati peggiori dei personaggi, le nevrosi e i difetti, sono presentati in modo decadente, finiti, tormentati da un passato luminoso in cui riuscivano ad avere successo etichettati come eroi.
Uno solo di loro ha effettivamente dei poteri straordinari ed è il Dottor Manhattan che riesce a fare veramente di tutto, come cambiare dimensione, teletrasportarsi da un luogo all'altro anche attraverso l'universo, o alterare la materia. Si presenta con le sembianze di un uomo normale senza capelli con muscoli definiti sul petto, ha gli occhi luminosi e senza pupille. La sua caratteristica principale riguardo l'aspetto fisico è la sua pelle totalmente blu.
Altri personaggi importanti sono:
Rorscharch, un sociopatico paranoico che ha metodi alquanto discutibili di fare giustizia, in effetti è un ricercato. Indossa una maschera cangiante che cambia “disegni” a seconda del calore o dell'espressione del volto (a mio parere è il più interessante personaggio tra tutti).
Poi c'è il Comico, Gufo notturno, Ozymandias, Spettro di seta, sono i più importanti, ma non sono gli unici Watchmen, gli altri hanno dei ruoli minori o sono solo presentati di sfuggita.

Tra i pezzi di belli del film è necessario citare i titoli di testa, cioè un flashback su tutti gli avvenimenti più significativi degli anni d'oro dei Watchmen. Veramente geniale.
Inoltre, un fatto molto interessante è che per la colonna sonora sono state usate canzoni solo di quegli anni, non canzoni moderne per rendere il film ancora più realistico, da ricordare canzoni come: "The sound of silence", "The time they are a-changin" e "I'm your boogie man".
E' importante dire che il film tiene fede alle inquadrature e alla storia originale; questo sicuramente è stato apprezzato molto dai fan del fumetto.

mercoledì 16 settembre 2009

CAPELLI

Dopo una quindicina di post, è arrivato il momento di dirvi un'altra cosetta che mi caratterizza: con i capelli non ho mai pace!
Mi piace cambiare, provare look sempre nuovi che sono frutto di qualche idea assurda venuta il giorno prima. In media cambio qualcosa ogni 2 o 3 mesi, a volte per necessità visto che i colori vanno sempre ripassati di tanto in tanto, ma più che altro mi piace vedermi sempre diversa.
Li tingo, li taglio, li faccio crescere, li torturo... Perchè come saprete i capelli per una donna sono tutto e cambiano completamente il viso di una persona. Li ho tinti di ogni colore possibile immaginabile anche grazie ai miei affezzionati parrucchieri Vito e Giancarla (sua figlia che lavora con lui). Mi chiedo come farei senza di loro!? Almeno si può dire che stravolgo la routine del mio paesino, dove le persone entrano e chiedono capelli "normali". Anche se faccio impazzire la povera Giancarla con le mille tinte che propongo...
Pochi mesi fa mi sono fatta una specie di caschetto piuttosto corto, e dopo poco tempo, i miei carissimi capelli lunghi mi mancavano un po'! E così proprio del tutto inaspettatemente mi è venuta l'idea e mi sono fatta le EXTENSION! Queste non le avevo mai provate, mi piacciono così tanto che credo che per un bel po' stavolta non cambierò.






TRA I BON-BON (parte 2)



Una ragazza si svegliò di soprassalto.

Che sogno assurdo ho fatto! Si diceva guardandosi intorno quasi rattristata di non trovarsi sommersa di caramelle. Si preparò per andare all'università, dopo mezz'ora era già pronta per prendere la macchina. Si guardò allo specchio della camera mentre prendeva le chiavi di casa dalla scrivania. Sorrise guardandosi, una ragazza riccia e castana, con gli occhi di un viola acceso, sorrise di rimando dallo specchio.
Ciao Betty, disse a se stessa lanciandosi un bacio. Si chinò davanti al riflesso per allacciarsi gli stivaletti neri quando Betty le parlò osservandola con sguardo severo e complice
-Mi raccomando... Calma, tranquilla e stendili tutti!- la ragazza osservò lo specchio con aria sarcastica
-Ti sembra facile a te! Tanto l'esame devo farlo io, sono io che mi trovo davanti quel mostro! E se mi scordo una cosa e vado in palla? Ho studiato così tanto che ho il cervello confuso con informazioni inutili e distorte...- Il suo riflesso alzò gli occhi al cielo: -Dici sempre la stessa cosa eppure prendi sempre 30. Smetti di lamentarti!- l'ultima frase sembrava quasi gridata, Betty faceva paura quando era arrabbiata.
-E poi ci sono io a suggerirti, scema!- disse lo specchio con tono di nuovo complice, la ragazza sorrise al suo riflesso: -Grazie Betty.- e subito dopo uscì con lo zaino in spalla.


Davanti allo studio 38 del professore ora tremava, non ricordo più niente! Diceva a se stessa disperata. Una decina di ragazzi aspettavano come lei di essere esaminati e il professore dentro lo studio assunse le sembianze di un drago nascosto nella grotta, pronto a divorare qualunque cavaliere senza macchia presentatosi al suo cospetto.
-Elizabeth Dainon- chiamarono dallo studio. Tocca a me! Si disse agitata e si alzò con le ginocchia tremanti andando verso chi l'aveva chiamata. Passò davanti lo specchio nel corridoio e Betty le sorrise incoraggiandola, ma era troppo agitata per riuscire a sorridere di rimando.
Entrata nello studio il panico ormai l'aveva invasa, sembrava attendesse di essere mangiata. Il professore di letteratura la guardò per bene e poi le rivolse la prima domanda, dopo le solite domande di routine riguardo il piano di studi e il libretto universitario. Elizabeth notò che in fondo alla stanza vi era uno specchio piccolo e vi intravide la sua amica dai capelli castani, ora si sentiva molto più tranquilla e rispose con sicurezza facendosi quasi beffe del professore compiaciuto dalla spontaneità e dal modo di parlare della giovane. I suoi occhi erano illuminati da una luce ardente che non lasciava trapelare alcuna insicurezza.

-Le faccio i miei complimenti signorina, ha condotto un ottimo esame. 30 e lode!- le disse il professore fiero di avere una studentessa di quel calibro con una tale passione per la sua materia. Elizabeth era raggiante, ormai non osservava più il riflesso nello specchio dove Betty sogghignava soddisfatta.
Uscita dallo studio un ragazzo moro con gli occhi di un verde particolare le fece i complimenti per l'esame:
-Wow, sei stata fantastica, ti guardava con tale ammirazione! Ne devi aver fatti parecchi di esami, non sembravi affatto spaventata.-
-No, ti assicuro che ero spaventata a morte!- e gli sorrise piena di orgoglio, il suo riflesso dallo specchio del corridoio aveva un'espressione altera.
-Mi chiamo Jules, tu sei?- chiese porgendole la mano -Io sono Elizabeth-.
Parlarono del più e del meno per una mezz'ora mentre il ragazzo aspettava di sostenere il suo esame. Betty dallo specchio dominava ogni emozione, apparendo sempre più seducente e superba, Jules ne rimase profondamente ammaliato. Alla fine si salutarono e mentre lei si allontanava, lo sentì dire, preso dal desiderio di affidarle un qualche soprannome: -A presto Betty!-


Notte.
Betty si ritrovò nel vagare della sua mente. Era un posto buio e freddo, e lei era lì seduta per terra con gli occhi chiusi abituata a stare nella sua oscurità. Ed eccoci di nuovo qui, si disse con tono rassegnato. Si alzò e cercò di uscire dall'ombra. Che cosa mi capiterà stavolta? Si chiedeva mentre attraversava un lunghissimo corridoio con una piccola luce alla fine.


Una volta arrivata vi trovò una stanza bianca, completamente bianca, con un minuscolo tavolino e una minuscola sedia al centro. Sembrava di essere entrata in una strana stanza con una più piccola dentro e tutta bianca, con la sedia e il tavolino. Betty non era poi tanto stupita di questo, dopotutto nei sogni si sa che può capitare di tutto, ma la cosa che più la lasciò di stucco è che vi trovò seduta sul minuscolo tavolino una ragazza bionda che si guardava attorno confusa, stavolta era vestita in stile ottocentesco e i capelli erano legati in due lunghe trecce.
-Ancora tu? Cosa sei, una specie di fantasia ricorrente?- il tono di Betty era sarcastico e vagamente alterato. La ragazza invece sembrava felice di vedere una faccia amica: -Credo di... essermi persa!- disse semplicemente cercando di non incontrare lo sguardo della sua interlocutrice.
-Persa? Sciocca non vedi che qui niente ha un senso? Potresti varcare la stessa porta due volte e trovarci due cose diverse! È solo uno stupido sogno, il mio stupido sogno!- disse Betty sempre più alterata. Chi è ora questa ragazzina bionda che invade i miei sogni? Si chiedeva irritata.
-Se è il tuo sogno, puoi dirmi tu chi sono!- esclamò la ragazza piena di speranze, continuò subito dopo: -Tu, come sai chi sei? Io non ricordo niente di me o della mia vita, so solo che mi chiamo Liz. Poi mi sveglio e mi ritrovo qui. Ma come si fa ad uscire?-
Betty ci pensò un attimo -Io sono uscita... dallo specchio...- mormorò piano quasi stesse parlando con se stessa: -... e poi mi sono... ritrovata!- cercava di ricordare quello strano avvenimento, ma quando era successo?


Il sogno fu interrotto dalla sveglia. Elizabeth doveva andare all'università.


TO BE CONTINUED...

martedì 15 settembre 2009

BETTY





Si lo so... potete anche dirlo. Sono PESSIMA! Ma non ho proprio potuto resistere quando l'ho vista per la prima volta! Così bella, così darkettona, e poi i suoi capelli mi fanno letteralmente impazzire...

Ebbene sì, sto parlando della mia nuova PULLIP che ho chiamato Betty (se ve lo state chiedendo il personaggio del mio racconto cominciato nel post precedente, è proprio lei!). Sarà proprio divertente fare le foto con entrambe le mie adorate bamboline...




P.S.

Appena possibile posterò il continuo di "TRA I BON-BON", mi raccomando non ve lo perdete! Intanto godetevi le foto di Betty come anteprima.

sabato 12 settembre 2009

TRA I BON-BON (parte 1)





Aprì gli occhi intontita ancora dal torpore del sonno. Ma rimase talmente estasiata della visione che gli apparve intorno che subito si destò anche la mente. Era sicura di non conoscere quel posto. Eppure dove era stata per tutto questo tempo? Anzi tutta la sua vita, con chi e in che luogo l’aveva passata? L’unica cosa certa è che sapeva che quelle cose intorno a se erano veramente inusuali! Si mise a sedere ancora attonita e quel che vide è che era sdraiata su un letto di caramelle, ce ne erano davvero di tutti i tipi, forme e colori…

Ma dove diavolo sono capitata? Si chiedeva cercando di ricordare. Nemmeno un frammento di esistenza prima di quel risveglio la illuminò. Cercò di alzarsi tra tutte quelle caramelle su cui era sdraiata e si accorse della presenza di una piccola scala a chiocciola immersa nel buio, posta proprio sotto il letto. Gattonando con le mani sul ghiotto letto arrivò infine alla scala, ma prima di scendere non resistette alla tentazione di assaggiare una caramella tra le tante. La portò alla bocca con le mani un po’ esitanti ma appena la morse, si rese conto di non aver mai mangiato una cosa più deliziosa in vita sua, anche se in verità non rammentava quale altro cibo poteva aver assaggiato prima di questo. Ora si sentiva quasi più sicura di sé.

Si accinse a scendere la ripida e piccola scala che si faceva sembre più oscura, inghiottita dalle tenebre, ormai la illuminava soltanto la luce posta sopra sul letto di caramelle. Ma all’improvviso il panorama oscuro cambiò di colpo. Ora sì, scendeva sempre una scala che però non era più a chiocciola né tortuosa, bensì larga e con un corrimano di ferro per appoggiarsi, sulle pareti che racchiudevano la scala, intravide delle enormi lastre che sembravano essere specchi o cose del genere. Scendendo si mise davanti ad uno di questi che in effetti era uno specchio vero e proprio e finalmente vide la sua effige riflessa e per un attimo si fermò ad osservarsi come se non si fosse mai guardata in vita sua. E così questa sono io! Si diceva sfiorandosi il viso con le mani. Convenne con se stessa di essere veramente molto bella. Aveva dei lunghi capelli biondo cenere e gli occhi di un colore imprecisato, un corpo esile e dal colorito chiarissimo mentre le guance erano di un bel rosa vivo. Si allontanò dopo un po’, ma rimase estasiata vedendo che la sua immagine riflessa non si spostava con lei, rimaneva impressa nello specchio e la osservava in silenzio muovendosi a suo piacimento, poi si vide trasfigurata e prendere le sembianze di una vecchia strega con la pelle che sembrava in decomposizione. Si spaventò e corse veloce giù per la scala cercando di non guardare negli specchi, ma arrivata all’ultimo di essi, con la coda dell’occhio si osservò fuggire per essere certa di essere proprio lei la ragazza che si era affacciata sullo specchio poco prima dell’orribile strega. Era sempre la stessa donna di prima con i capelli biondo cenere stavolta però indossava un abito diverso e sembrava molto più provocante. Era ancora più terrorizzata dal fatto di non essere certa di essere lei o qualcun altro riflesso nello specchio, non ricordava che aspetto avesse prima di quell’assurdo risveglio. Qualcosa la distolse dai suoi pensieri turbati, una strana melodia sembrava provenire dal fondo delle scale, sembrava il suono di un flauto traverso. Con cautela la ragazza scese gli ultimi gradini rimasti, curiosa e affascinata dalla musica ammaliante.

Vi trovò una giovane donna seduta su un masso in una radura che sembrava come raccolta in un sontuoso palazzo di mattoni dall’aria un po’ fredda, sembrava abbandonato e la radura al centro rendeva il clima umido ma allo stesso tempo quasi accogliente. La ragazza aveva dei ricci capelli castani ed era vestita di nero, con tanto di pizzo un po’ ovunque e calzette colorate. Suonava un flauto traverso seduta sul masso con le gambe accavallate, racchiusa nella penombra del luogo, la musica sembrava entrare in ogni filo d’erba, in ogni singolo ramo degli alberi che si trovavano nella misteriosa radura e un raggio di luce chiara illuminava di traverso la giovane donandole un non so che di divino. Appena si accorse della ragazza bionda sull’ultimo gradino, smise di suonare e le chiese -E tu chi saresti?-. La ragazza imbarazzata rispose di non saperlo.
-Dai non preoccuparti troppo! Io sono Betty, e questo direi che è solo un sogno…- sorrise con un’espressione indecifrabile sul volto e la ragazza notò che aveva gli occhi di uno strano viola acceso, aveva come qualcosa di rabbioso in fondo all’anima che metteva una certa inquietudine.

-Sembri impaurita, da che cosa scappavi?- chiese Betty con il suo sguardo fiammeggiante, la ragazza si guardò un po’ intorno e poi imbarazzata rispose: -No niente. Credo di aver visto qualcosa in uno di quelli specchi.-
Betty rise di gusto, in modo quasi diabolico e poi rispose seria: -Non credere a ciò che vedi nello specchio. Gli specchi mentono sempre. Si divertono così!- la ragazza non comprese bene la frase, le sembrava la cosa più assurda che avesse mai sentito in vita sua, anche se non ricordava affatto di aver sentito qualcos’altro di assurdo.
-Ma come si esce da qui?- chiese timida mentre l’altra aveva ripreso a suonare la bellissima melodia
-Basta rendersi conto che è solo un sogno e poi ci si sveglia, è solo uno schiocco di dita. Prova!- la ragazza bionda sembrava confusa mentre l’altra sicura la esortava a provare. E’ solo un sogno si diceva, poi schioccò le dita con gli occhi chiusi.

In quel momento, in un’altra realtà, una ragazza si svegliò di soprassalto.
TO BE CONTINUED...